Dopo che nemmeno la giunta Raggi è riuscita a risolvere l’annoso problema romano dei rifiuti, ci prova il Sindaco Gualtieri, insediato da pochi mesi. La soluzione? Il “termovalorizzatore“. Sempre che poi non si intenda un più modesto “inceneritore“, proposta trita e ritrita, e anche mai realizzata, sotto le varie amministrazioni. Hai tonnellate di rifiuti da smaltire? Facciamo il termovalorizzatore! Uno da 600 mila tonnellate, controllato dal pubblico (su cui concordo), con annessa discarica da 60 mila tonnellate
Di certo, il problema è complesso, contorto e urgente, soprattutto per i cittadini romani, ma davvero è risolvibile solo in questo modo? Cosa ne potrebbe dire Greta Thumberg, ormai icona della sinistra, che è stata celebrata da molti politici e additata per diverso tempo, come esempio per i giovani di tutto il mondo, che vogliono un pianeta pulito e sano?
Ci sono comunque degli ostacoli, sulla via. La Regione Lazio, per esempio, nel suo piano quinquennale sui rifiuti, non prevede nessun termovalorizzatore. Ed, inoltre, sembra che persino dall’Unione Europea si sconsiglino investimenti in tal senso, per nuovi impianti, che dovrebbero essere realizzati in seconda battuta, rispetto a strategie più virtuose: prevenzione, riuso, riciclo, recupero energetico e, solo in ultima ipotesi, smaltimento in discarica”. Il recupero energetico, occupa dunque il penultimo posto della gerarchia europea sui rifiuti. Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis ha recentemente ribadito che incenerimento e coincenerimento non si potranno finanziare con il Pnrr.
Citando la stessa comunicazione della Commissione europea sul ruolo dei termovalorizzatori, “i processi di termovalorizzazione possono svolgere un ruolo nella transizione a un’economia circolare a condizione che la gerarchia dei rifiuti dell’Ue funga da principio guida e che le scelte fatte non ostacolino il raggiungimento di livelli più elevati di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio”. Concetto ribadito anche nell’ultima direttiva sulle energie rinnovabili del 2018 e nel Piano d’azione per l’economia circolare del 2020. E’ cambiato qualcosa, nel 2022?
Infine, c’è l’accoglimento, da parte del TAR Lazio, con la sentenza n. 4987 del 26 aprile 2022, di un ricorso di ottemperanza presentato dal Movimento Legge Rifiuti Zero, di Massimo Piras, e ha di fatto annullato il decreto Sblocca Italia del governo Renzi nel passaggio in cui dava priorità, nella gestione dei rifiuti, agli inceneritori. Dovrà essere il Governo attuale, tramite un DPCM da adottare entro 180 giorni dalla notifica della sentenza(entro la fine di ottobre), a far mappare il fabbisogno regionale dei termovalorizzatori di rifiuti e ad avviare una Valutazione Ambientale Strategica, sulle effettive necessità impiantistiche nazionali per il riciclo, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti urbani.
Ma il Sindaco Gualtieri non si arrende, vuole superare addirittura Renzi, e arriva persino a chiedere al Governo “poteri speciali” per sè. “La strada dei poteri straordinari sembra l’unica percorribile per accorciare i tempi di realizzazione dell’impianto, ma soprattutto per bypassare il piano rifiuti regionale, che non prevede nessun termovalorizzatore”. Insomma, qualsiasi cosa, per un termovalorizzatore che non si può rifiutare. Ma è davvero così?
E’ arrivata alla Redazione del Blog una lettera, da parte della Dott.ssa Margherita Bologna, ex giornalista scientifica ed esperta di nuove tecnologie gestione rifiuti, molto interessante e che ringraziamo sentitamente, per averci scelti.
Lettera aperta al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri.
Rispondo a questa sua affermazione: “Spesso chi critica il termovalorizzatore non dice quale sia l’alternativa”. Io l’alternativa l’ho ben chiara, sindaco Gualtieri e l’ho indicata sinteticamente nella lettera inviata all’assessore Sabrina Alfonsi il 20 aprile scorso ed anche nelle mie osservazioni al Programma nazionale di gestione dei rifiuti (PNGR).
L’ errore di fondo che si fa, per inerzia mentale o per altre ragioni, è quello di considerare gli impianti di trattamento meccanico e biologico esistenti (tmb) come tecnologie di pretrattamento dei rifiuti indifferenziati funzionali esclusivamente ad uno sbocco obbligato: l’incenerimento e la discarica.
Invece, grazie alle tecnologie di cui disponiamo oggi possiamo benissimo utilizzare i tmb in un’ottica di economia circolare, trasformandoli con poca spesa in centri dai quali si dipartono due linee di riciclo: quella dei rifiuti secchi (plastiche miste o plasmix) e organico. Come? Semplicemente aggiungendo una macchina che separa al 98% l’organico dai rifiuti secchi.
Un altro assunto che con il mio lavoro di ricerca ho dimostrato essere un pregiudizio ripetuto come un ritornello nei convegni del settore, è che le plastiche miste non si riciclano mentre le tecnologie per riciclare le plastiche miste di scarto in Italia sono già operative. Così dalle plastiche miste separate nei tmb possiamo ricavare altri materiali come fioriere, tubi, bobine, pallets, nuove panchine per Roma, ecc.. mentre l’organico residuo si può stabilizzare e utilizzarlo come copertura delle discariche.
Oltre alla soluzione indicata ce n’è un’altra realizzabile in tempi molto più brevi (18 mesi) dell’inceneritore con recupero energetico: un impianto che, senza produrre nessun tipo di emissioni, opera una trasformazione termochimica di tutti i rifiuti inclusi sotto il codice EER 191212 (cioè quelli trattati nei tmb tra cui l’organico e le plastiche miste) che dà come risultato finale la produzione di un bio-olio da aggiungere ai carburanti, in sostituzione dell’olio di palma. Inoltre questa stessa tecnologia può essere usata per bonificare le discariche esistenti che presto potrebbero diventare le miniere urbane da cui attingere risorse non ancora sfruttate.
Sappiamo che nelle discariche, come è accaduto in quella abusiva di Castel di Leva nel Laurentino ora bonificata, non sono collocati solo i materiali postconsumo non valorizzati nei tmb ma anche quelli provenienti dalla demolizione delle automobili, il cosiddetto “car fluff” costituito da gomme, vernici, tessuti di rivestimento, ecc…. Per queste tipologie di scarti ed anche per tutte le parti in plastica e gomma dei RAEE (rifiuti apparecchiature elettriche ed elettroniche) ora c’è un’altra soluzione impiantistica innovativa che, senza produrre emissioni, li trasforma in combustibili liquidi e gassosi, utilizzabili per produrre energia elettrica e termica.
Le due tecnologie descritte sono l’alternativa esistente che pone fine al trito e ormai superato confronto tra i pregi dell’inceneritore con recupero energetico e gli svantaggi della discarica, per aprire realmente le porte allo sviluppo di una economia circolare che non impatta sul clima e consente di raggiungere l’obiettivo discarica 10% molto prima del 2035. Essendo poi tecnologie non di grossa taglia ma modulari possono “concorrere a formare un’adeguata struttura impiantistica correlata al differenziato fabbisogno territoriale”, con la soddisfazione dei cittadini romani che non sembrano propensi ad accettare sul loro territorio impianti di grossa taglia che gestiscono la “mondezza” di tutti.
Vorrei esprimere, inoltre, una considerazione sui “risparmi” conseguenti alla “riduzione del fabbisogno energetico” della città di Roma nell’ipotesi della costruzione di un inceneritore con recupero energetico. Se nella gerarchia europea che governa la gestione dei rifiuti è data priorità al recupero di materia su quello di energia c’è una ragione: bruciare le plastiche in un inceneritore per ricavare energia ha un costo che forse i suoi collaboratori non hanno considerato. E’ il costo equivalente a quello sostenuto per l’estrazione di nuove materie prime vergini necessarie per produrre nuovi materiali in plastica. Così i risparmi prospettati per la città di Roma diventeranno costi pagati da tutti i cittadini italiani.
E’ sbagliata anche l’idea di voler allineare Roma all’Europa proponendo un inceneritore con recupero energetico, innanzitutto perché nel nord Europa gli inceneritori sono stati costruiti quando ancora non si conoscevano le tecnologie innovative e circolari che Le ho proposto. Secondo: nel nord Europa c’è tanto freddo e la radiazione solare non riscalda come quella che irraggia la città di Roma. Eppure nel nord Europa sono diventati capofila nella produzione dell’energia fornita gratuitamente dal sole. Perché non pensare piuttosto ad un rilancio della produzione di energia decentrata (e democratica) per i cittadini di Roma promuovendo, insieme alla regione Lazio, l’autosufficienza energetica attraverso le comunità solari per allineare all’Europa la città che governa?
Cordiali saluti
Dott.ssa Margherita Bologna
Questa e altre proposte potrebbero essere prese in considerazione da un sindaco Democratico, che ascolta i suggerimenti dei cittadini e i professionisti più preparati sul tema, prima di voler procedere comunque con la sua scelta politica. O, almeno, ce lo auguriamo.
Questo Blog vuole comunque farsi portavoce di tutti coloro che vorranno fare proposte fattibili, per la città di Roma e di tutto il Lazio, finanche proporre e agevolare un dibattito costruttivo e democratico, sull’argomento.
Articolo di Gabriella Toma
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